Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  lunedì 04 aprile 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Manifesto dei federalisti europei 11)

di Altiero Spinelli

GLI AVVERSARI DEL POPOLO EUROPEO.

 

Il nazionalismo.

 

Nell’Europa occidentale, là dove il primo passo verso l’unificazione può oggi essere computo, l’avversario principale non è un fattore esterno all’Europa, ma sta accampato nel seno stesso di ciascun paese. E’ il nazionalismo: il culto della superiorità e dell’indipendenza assoluta della propria nazione, l’accettazione del principio che giusto è tutto e solo ciò che è nell’interesse della propria nazione, l’impegno a non tener conto d’altro punto di vista che non sia quello nazionale.

 

Il nazionalismo si presenta come espressione del legittimo amor patrio dei singoli popoli, mentre in realtà è l’espressione ideale e politica di quei gruppi che soli sono ormai interessati al mantenimento della sovranità nazionale. Nazionalisti sono i cartelli, i monopoli, le feudalità economiche, i gruppi corporativi, che grazie allo stato hanno acquisito posizioni di privilegio, che sono desiderosi di conservare lo sfruttamento esclusivo dei loro mercati, e di non accordarsi con i loro simili d’oltre frontiera se non per meglio proteggere i loro privilegi. Nazionalisti sono i quadri delle burocrazie statali che controllano la vita economica nazionale, e che si considerano indispensabili al benessere dei loro concittadini. Nazionaliste sono le diplomazie che si abbarbicano ancora alla loro pretesa di parlare e di agire in nome dei loro popoli. Nazionalisti sono gli stati maggiori che fanno mostra di restare i guardiani della sicurezza dei loro paesi per non rinunziare ai loro privilegi di casta, ormai privi di contropartite. Nazionaliste sono le amministrazioni coloniali e i gruppi di interessi colonialistici, che credono di poter ancora mantenere assoggettati i popoli d’oltre mare desiderosi di assumere le responsabilità del proprio destino. Nazionalisti sono infine quei numerosi ideologi, il cui mestiere consiste nello scrivere e parlare per riempire lo spirito dei loro concittadini di boria nazionale, e che difendono con eloquenza il sistema politico che assicura loro il pane quotidiano.

 

Dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale, il nazionalismo si presenta ormai ben di rado nelle forme ideologiche e politiche sfacciate di una volta; quando tenta ancora di farlo ha l’aria ridicola di uno spettro di altri tempi, poiché alla violenta ed esasperata espressione di sentimenti e di propositi non corrisponde più la potenza effettiva degli stati europei. Ma continua, in forme più o meno coperte, a compenetrare ed animare la vita pubblica, perché lo stato nazionale, finché è sovrano, lo fa sempre rinascere dalle su stesse ceneri. Obbligando tutta la vita pubblica ad esprimersi mediante istituzioni politiche nazionali – dai governi ai parlamenti, dai partiti ai sindacati, dalle scuole ai giornali – lo stato soffoca automaticamente pensieri, sentimenti, interessi, volontà che vanno al di là della nazione, favorisce automaticamente la presa di coscienza e l’affermazione di tutti i pensieri, sentimenti, interessi, volontà, che hanno dimensioni nazionali, impone anzi loro dimensioni nazionali anche quando di per sé non le avrebbero.

 

Il nazionalismo ha dato la sua impronta indelebile a tutte le correnti politiche che occupano oggi la scena dei paesi europei. I loro fondamenti ideali sono, in modo diversi per ciascuna di esse, sopranazionali; hanno tutte combattuto le aberrazioni del nazionalismo fascista e nazista; ma sono tutte organizzate in partiti nazionali, mobilitano e guidano i cittadini dei loro paesi per giungere a governare lo stato nazionale . Essendo frazioni diverse di una classe politica che è o aspira a mettersi al servizio della volontà profonda e permanente dello stato nazionale sovrano, i partiti nazionali riducono i loro ideali sopranazionali a semplici soprastrutture ideologiche, e che si lasciano necessariamente, talvolta inconsapevolmente, pervadere dalla mentalità nazionalista.

 

Il nazionalismo comunista.

 

Paradossalmente è accaduto che il nazionalismo ha fatto più presa proprio sui partiti comunisti, che sono pur sorti come espressione della crisi profonda di decomposizione dello stato nazionale europeo. Nati da un moto di ribellione antinazionale delle classi lavoratrici contro i bestiali massacri della prima guerra mondiale, essi hanno dapprima sognato una palingenetica rivoluzione mondiale che avrebbe dovuto liberare l’umanità dal flagello delle guerre imperialistiche, mettendo fine ovunque al capitalismo. Ma poiché l’ideale cui aspirano è la creazione di onnipotenti stati, padroni della vita, dell’anima e dei beni dei loro sudditi, e poiché il comunismo è diventato la religione politica dell’Unione Sovietica, i comunisti di tutti i paesi hanno aspirato sempre più coerentemente da una parte ad impadronirsi del potere negli stati nazionali esistenti per trasformarli in stati nazionali comunisti, e dall’altra sottoporli all’egemonia imperiali dello stato-guida, governato dal partito bolscevico, depositario delle verità ultime della loro religione. Quando le circostanze hanno permesso la realizzazione parziale di questa visione, i comunisti dell’Europa orientale hanno accettato di governare per conto ed agli ordini della potenza imperiale russa. Quelli dell’Europa occidentale hanno sognato di imitarne l’esempio.

 

Questa concezione politica, benché ripugnante ed umiliante, esprimeva ancora la tendenza verso una qualche forma di organizzazione che andasse al di là delle sovranità nazionale, ma, essendo fondata solo sulla fedeltà religiosa dei comunisti nazionali verso il comunismo russo, ha avuto un primo cedimento quando c’è stata la secessione della Jugoslavia di Tito, ed  è entrata in piena crisi quando, con la morte di Stalin, i suoi successori non hanno potuto raccogliere la sua eredità di capo religioso del comunismo mondiale. Il mito dell’ordine sopranazionale comunista è così diventato ormai senza consistenza, ed ai partiti comunisti non è rimasto altro che tentare di presentarsi come partiti ortodossamente nazionali, difensori della sovranità del proprio paese, paladini nel nazionalismo delle classi e dei popoli più poveri. E quantunque di questi nazionalismi comunisti e del caos internazionale che ne consegue classi e popoli più poveri siano le principali vittime, i comunisti continuano imperterriti a volere l’instaurazione di stati totalitari, i soli che possano loro permettere di imporsi contro la volontà popolare. Il nazionalcomunismo è il punto di approdo della ideologia e della pratica di questi antichi avversari del nazionalsocialismo fascista. Ovunque giunge l’influenza comunista essa opera perciò contro la nascita del popolo europeo ed in favore della conservazione delle divioni nazionali. 

 

11) Segue.